«Per favore», ripetei, impaziente che la facesse finita. «Non voglio combattere».
Senza che lui abbassasse la guardia, la sua espressione cambiò. Mi guardò con un'aria che non riuscivo a decifrare. C'era molta consapevolezza in quel volto, e qualcos'altro. Comprensione? Pietà, perlomeno.
«Neanch'io, bambina», disse con voce calma e gentile. «Ci stiamo solo difendendo».
Il suo strano sguardo giallo fu così sincero da farmi chiedere perché mai avessi creduto alle storie di Riley. Mi sentii... in colpa. Forse questo clan non aveva mai progettato di attaccarci a Seattle. Come facevo a credere anche solo in parte a ciò che ci avevano raccontato?
«Non lo sapevamo», spiegai, quasi vergognandomi. «Riley mentiva. Mi dispiace».
Restò in ascolto un momento e mi accorsi che nel campo di battaglia era sceso il silenzio. Era finita.
La breve seconda vita di Bree Tanner