Sospirai e mi misi al lavoro, cercando di ignorare il mio pubblico.
«Se ti chiedessi di fare una cosa, ti fideresti?», mi chiese Edward, un filo di nervosismo nella voce morbida. Eravamo quasi a scuola. Fino a un momento prima aveva scherzato come se niente fosse ma, all'improvviso, aveva afferrato stretto il volante, sforzandosi di non sbriciolarlo.
Osservai la sua espressione ansiosa. Lo sguardo era distante, come distratto da voci lontane. Il battito del mio cuore accelerò, innescato dalla tensione, ma replicai con la dovuta fermezza. «Dipende». Entrammo nel parcheggio della scuola. «Temevo che avresti risposto così».
«Cosa vuoi che faccia, Edward?». «Voglio che resti in macchina». Parcheggiò al solito posto e mentre parlava spense il motore. «Voglio che resti ad aspettare finché non torno». «Ma... perché?». In quel momento lo notai. Alto com'era, lo avrei visto svettare in mezzo agli altri studenti anche se non si fosse appoggiato alla moto nera, parcheggiata sfrontatamente sul marciapiede. «Oh».
Eclipse