«Una delle cose che hai detto a Jessica... be', mi infastidisce un po'». Rifiutava di cambiare discorso. Sembrava quasi sgarbato, da sotto le ciglia mi rivolse uno sguardo inquieto.
«Non mi sorprende che tu abbia sentito qualcosa di spiacevole. Sai quel che si dice di chi origlia...».
«Ti ho avvertita che sarei rimasto in ascolto».
«E io ti ho avvertito che non avresti gradito conoscere tutti i miei pensieri». «In effetti, mi avevi avvertito», la sua voce non si era addolcita. «Però, non credo tu abbia ragione fino in fondo. Voglio sapere sì ciò che pensi, e tutto. Soltanto, mi piacerebbe... che non pensassi certe cose».
Lo guardai, imbronciata. «Bella differenza».
«Ma non è questo il problema, al momento».
«E quale sarebbe?». Ci stavamo entrambi sporgendo sul tavolo, l'uno di fronte all'altra. Lui teneva le grandi mani bianche sotto il mento; io mi coprivo il collo con la destra. Mi sforzai di ricordare che eravamo in una sala mensa affollata, probabilmente piena di occhi curiosi. Era troppo facile cedere alla tentazione di lasciarci avvolgere dalla nostra piccola e lucida bolla privata. «Sei davvero convinta di piacermi meno di quanto io piaccia a te?», mormorò facendosi più vicino e inchiodandomi con i suoi occhi intensi e dorati.
Twilight
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