domenica 4 ottobre 2009

Intervista a Michael Sheen



Poche ore fa ho parlato con Michael Sheen a proposito del suo ultimo film, “The Damned United”, di cui parlerò in dettaglio più avanti, e ho avuto l’occasione di discutere alcuni altri progetti dell’attore, fra cui il secondo episodio della saga di Twilight, “New Moon”, “Tron Legacy”, “Alice nel paese delle meraviglie” e la serie “Underworld”.
La prima cosa che mi ha detto Michael è che sebbene abbia sentito voci discutere di un quarto episodio della serie “Underworld”, nessuno lo ha ancora contattato.

Siamo poi passati a discutere del film “New Moon”, e ha confessato che la ragione principale per cui ha accettato il ruolo di Aro è stata sua figlia. Ha parlato inoltre della sua esperienza con Tim Burton per “Alice nel paese delle meraviglie”, raccontando di quanto abbia amato il libro ma di quanto il film si distacchi da esso.


Hai recitato in una serie di grande successo, “Underworld,” ti è stato chiesto di partecipare a un quarto episodio?
Michael Sheen: Finora non me ne ha parlato nessuno. Ho sentito delle voci… qualcuno che diceva che potrebbero girare un quarto episodio, ma nessuno mi ha contattato.

Passando a “Twilight: New Moon”, il fatto di provenire da un’altra serie è stato un problema per te o ha aumentato l’interesse per il personaggio da interpretare? Cosa hai pensato, e com’è stato girare un film così al centro di attenzione?
Michael Sheen: Ero molto contento, soprattutto perché sapevo che avrei reso felice mia figlia. In un primo momento è stato sicuramente il motivo principale. E poi ho letto i libri, e mi sono piaciuti davvero. Non me lo aspettavo, ma mi sono piaciuti sul serio. Poi mi è sorto il timore che i fan di “Twilight” non mi accettassero, pensassero ma come, ha interpretato un licantropo, non possiamo averlo come vampiro, e cose del genere. Ma è andata diversamente. E poi è un personaggio completamente diverso, in cui posso quasi annullarmi, e quindi spero che il pubblico non avrà problemi anche se ho partecipato a un’altra serie su licantropi/vampiri. Quando è arrivato il momento, mi sono semplicemente innamorato della parte, e ho davvero apprezzato l’opportunità di partecipare al progetto. E adesso sono felice dell’occasione di avere una nuova generazione di pubblico da spaventare.

Hai menzionato tua figlia. Sei stato citato sul NY Post, dicendo che tua figlia non era esattamente entusiasta quando hai accettato la parte.
Michael Sheen: Sì, in effetti, credo che in quel momento fosse preda di emozioni contrastanti, e che la mia partecipazione al film fosse troppo da elaborare per lei. Da una parte era felicissima, ma allo stesso tempo mi ricordo bene di quando io avevo dieci, undici anni. Se ero appassionato di qualcosa l’ultima cosa che avrei voluto era che mia madre e mio padre entrassero a farne parte. Dà fastidio. Quindi da una parte era contenta, ma quando gliene ho parlato per la prima volta si è messa a piangere. Penso che in quel momento il suo mondo fantastico, la sua immaginazione si siano scontrati con la sua realtà personale, e lei non sapeva come affrontare la cosa emotivamente. Ricordo che mi ha preso a pugni e calci, penso per sfogare la sua frustrazione con me. È stata poi sua madre che ha detto “È perché è una cosa tua e ora entra a farne parte anche papà?”, e lei ha risposto “Sì.” Quindi è stata sua madre, sensibile come sempre, che ha capito il vero motivo. Ma poi comunque ha fatto rapidamente pace con se stessa e alla fine non vedeva l’ora di andare alla prima.

Come trovi il tuo coniglio bianco interiore?
Michael Sheen: Ognuno di noi ha dentro di sé un animaletto morbido e candido. è una figura talmente iconica che ho ritenuto non dover uscire troppo dai confini del personaggio. Mi sono lasciato trasportare, in un certo senso. Sono un personaggio e una storia eccezionali. “Alice nel paese delle meraviglie” e “Peter Pan” sono state le prime storie della mia gioventù ad avere un impatto forte e ad accompagnarmi sin da allora. Poter partecipare alla versione di Tim Burton è stato come vedere avverarsi un sogno

Le battute sono ormai dei classici, hai affrontato il ruolo allo stesso modo di un Amleto?
Michael Sheen: Come esempio di iconografia culturale in un certo senso si percorre un sentiero ben noto. Ma la versione di Tim Burton si discosta dalla versione originale. Contiene tutto ciò che si desidera in un “Alice nel paese delle meraviglie”, ma in chiave originale, come tipico di Tim Burton. Non è stata la ripetione di un qualcosa già fatto in precedenza.

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