«Per la verità, è stato fin troppo modesto», precisai.
«Be', dai Edward, suona per lei», lo incoraggiò.
«Hai appena detto che è maleducazione», replicò lui.
«Ogni regola ha un'eccezione».
«Mi piacerebbe sentirti suonare», proposi io.
«Siamo d'accordo, allora», ed Esme lo spinse verso il piano. Lui mi trascinò con sé e mi fece accomodare sul seggiolino, al suo fianco.
Prima di abbassare gli occhi sui tasti, mi rivolse uno sguardo esasperato.
Poi le sue dita iniziarono a correre veloci sui tasti d'avorio, e il salone si riempì del suono di una composizione tanto complicata, tanto rigogliosa, da non poter credere che a suonarla fosse un solo paio di mani. Restai a bocca aperta, sorpresa, mentre alle spalle sentivo le risatine di chi si era accorto della mia reazione.
Twilight
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